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Marilynne Robinson, Gilead e la colpa

Marilynne Robinson è stata per me la grande scoperta letteraria del 2020. Classe 1943, nata in una famiglia di fede calvinista, questa scrittrice americana ha esordito nella narrativa nel 1980 con Housekeeping (tradotto in italiano da Delfina Vezzoli ed edito da Einaudi col titolo Le cure domestiche) per poi tacere per oltre vent’anni. In quel lungo periodo che, per dichiarazione della stessa autrice, è stato profondamente importante, nasce dalla sua penna il primo capitolo di tre romanzi che già da ora vorrei definire una trilogia della colpa (tutta tradotta sempre per Einaudi da Eva Kampmann).

«È l’aspetto più strano di questa vita, del sacerdozio. Appena ti vedono arrivare gli altri cambiano discorso. E poi, a volte, quelle stesse persone vengono nel tuo studio e ti raccontano le cose più incredibili. Sotto la superficie della vita si cela una gran quantità di cose, questo lo sanno tutti. Tanta cattiveria, paura e colpa, e tanta di quella solitudine, anche dove meno ti aspetteresti di trovarla».

Gilead

Gilead, Marilynne RobinsonUscito nel 2004, Gilead, è una lunga lettera testamento scritta dall’anziano reverendo congregazionalista John Ames al figlio piccolo, al fine di raccontargli quello che a causa del grande divario di età non avrà modo di dire. Il pastore ha infatti 76 anni e quel bambino di sette è il dono che non si aspettava da Dio, insieme a quello della giovane moglie Lila, entrata per caso in chiesa al fine di ripararsi dalla pioggia durante un sermone di John, cadendo nella trappola di uno sguardo che cambierà la vita di entrambi.

La lettera viene scritta in un arco di tempo abbastanza lungo, che permette di far penetrare nella scrittura vicende del presente accanto a quelle del passato del reverendo, schiacciato dal timore di non aver vissuto una vita meritevole e titubante di fronte a certi concetti dottrinali che fatica ad accettare se non come atto di fede. Il principale tra questi è la predestinazione, tema a lungo esaminato da Marilynne Robinson, che John non cessa di mettere in discussione in lunghe chiacchierate con l’amico e reverendo presbiteriano Boughton. Sarà il ritorno in città del figlio di quest’ultimo, Jack, ad agitare la coscienza del pastore Ames innescando in lui dubbi e perplessità riguardanti la redenzione.

Casa, Marilynne RobinsonJack sarà poi il protagonista delle vicende del secondo volume della trilogia, Casa, narrato dal punto di vista della figlia di Boughton, Glory, alle prese col padre morente e con il ritorno a casa del fratello che è la pecora nera della famiglia. Una vera e propria parabola del figliol prodigo ridigerita da Robinson e attualizzata nella contemporaneità attraverso la figura di un uomo che non riesce a superare gli errori commessi, a farsi perdonare e a perdonare se stesso, uscendo dalla gabbia del giudizio della società.

«Probabilmente sto dicendo la cosa sbagliata… non ho mai saputo come affrontarla. La vergogna. Verrebbe da pensare che ci sia abituato».

Casa

Lila - Marilynne RobinsonL’ultimo volume è Lila, ambientato sempre a Gilead, poco prima delle vicende precedentemente narrate, e che racconta la complicata vita di Lila appunto, personaggio prima solo tratteggiato ma già di grande forza. Una vita che il lettore scoprirà essere stata quanto meno rocambolesca. 

Tutti i personaggi di Marilynne Robinson tendono a imporsi nella mente del lettore per la schiettezza dei loro comportamenti e per la limpidezza della loro identità. Sono anime intrappolate che si dibattono per trovare il loro posto nel mondo, un mondo che viene non di rado scosso da dubbi teologici legati al contesto, ma che sono in realtà tracce di questioni universali e domande eterne, le cui risposte possibili si estendono ben oltre i limiti della religione. Cosa ci fa agire male? Se è impossibile non peccare come possiamo redimerci? È possibile farlo?

«Che effetto le avrebbe fatto, che impressione le avrebbe dato se non fosse stato, per tanti anni, il peso sul cuore della famiglia, l’assenza innominata, come il protagonista di un racconto malinconico?»

Casa

Il reverendo Ames parla al figlio con un’urgenza che tradisce la necessità del perdono per non poter essere un buon padre, per non potergli insegnare ciò che sa; Jack ha vissuto una vita forse al limite della criminalità e fatica a fuggire dagli spettri del passato, e forse del presente, mentre la sorella Glory si colpevolizza per sognare una vita diversa da quella che è costretta a vivere; Lila è quello sguardo fuori dal contesto, lontano dalla religione, tagliato fuori dalla speculazione, lo sguardo di qualcuno cui la vita non ha risparmiato nulla e che, dopo aver perso tutte le persone care, arriva a domandarsi se sia meritevole di una nuova felicità.

La colpa è il concetto che attraversa tutta la vita di Gilead, rappresentata a viva forza da una scrittura magistrale, una prosa quasi ritmata che si fa strada in una sintassi non sempre semplicissima ma limpida e avvolgente.

«Perciò, quando gli disse che intendeva tenere quel coltello e lui annui, fu in grado di spiegare a se stessa perché lo voleva tenere. Non c’era modo di abbandonare la colpa, non c’era un modo accettabile per rinnegarla. Di tutti i grovigli e i nodi del risentimento e della disperazione e della paura si doveva avere pietà. Anzi, meglio ancora, la grazia doveva ricadere su di loro».

Lila

Marilynne Robinson è ormai una scrittrice di larga fama, Le cure domestiche è stato incluso nel saggio di Luca Briasco Americana edito Minimum fax, Gilead ha vinto il Pulitzer nel 2004 e i romanzi successivi sono stati ambedue finalisti al National Book Award. La scrittura, seppur gustata solo in traduzione, risulta per me una delle più potenti e solide lette in questi tempi e la sottigliezza dell’analisi psicologica dei suoi personaggi appare davvero unica. A settembre è prevista l’uscita, in lingua originale, di un nuovo romanzo dal titolo Jack, che credo proprio ci riporterà, per fortuna, in quella piccola città che è Gilead.

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